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lunedì 15 febbraio 2010

Tre lupi di mare e mezzo e un maledetto mazzolin di fiori

All'orizzonte, il Cile! Attraversiamo lo stretto che separa la terraferma cilena dalla Terra del Fuoco accompagnati dalle acrobazie di tre simpatici delfini di commerson, o toninas come sono conosciuti qui, con il loro caratteristico colore bianco-nero simile all'orca. Un mare di nuvole ci dà il benvenuto e mi fa ritrovare il gusto perduto da tanto tempo di dare una forma a ognuna di esse. Tutto sembra andare per il meglio in terra cilena.
NIENTE DI PIÙ SBAGLIATO!
La nostra meta è Puerto Natales, base per tutti i viaggiatori diretti al Parque Nacional Torres del Paine. Le cime del Torres del Paine sono l'icona montana della Patagonia. E qui iniziano i nostri guai. Poiché dobbiamo prendere una nave per risalire la costa cilena (a meno di non ritornare in Argentina e rifare la trafila delle dogane più a nord), abbiamo soltanto due giorni per visitare il parco, che di per sé è immenso. Disastro completo: non solo spendiamo un sacco di soldi per l'entrata ma le connessioni all'interno sono care e pessime per chi non ha molto tempo a disposizione come noi.
Apriamo una nuova rubrica, "Non sparate sulla croce rossa". Per esperienza personale, sono pochi i francesi con cui ho legato o con cui si andava d'accordo, diciamo che non corre buon sangue tra di noi. Sulla cima del parco incontriamo questi turisti francesi. Uno di loro ci chiede se abbiamo delle pile per la sua macchina fotografica. Sfortunatamente, le nostre macchine hanno tutte una batteria al litio ma, da brava persona, gli offro di scattare alcune foto con la mia e di inviargliele al suo indirizzo email. Lui gentilmente declina. Dopo cinque minuti ci raggiunge in cima una coppia americana. Stessa storia, stessa scena. "Ha per caso delle batterie per la mia macchina fotografica?" "No, ma se vuoi posso scattare alcune foto e mandartele via email". L'amico francese non ci pensa due volte e accetta, tutto davanti a i nostri occhi. Mah!
Colgo l'occasione per salutare con tanto tanto affetto gli amici francesi che seguono il blog... ciao Celine :)

Giunge l'ora della crociera. Eufemismo, stiamo pagando a caro prezzo un biglietto su una nave cargo per poi fare il giro dell'oca ogni volta per trovare la nostra cabina. La promessa di paesaggi meravigliosi e di giornate spese ad ammirare i fiori cileni viene puntualmente distrutta da quattro giorni quattro di pioggia. Per non parlare del Golfo di Penas che, mantenendo fede al suo nome, ce ne fa vedere di tutti i colori con le sue acque turbolente. A quanto pare, solo una ventina di persone erano nella sala film e un'altra decina nel bar. Il resto - parliamo di altre 170 persone - si metteva in fila nei bagni per poter vomitare l'ottima (altro eufemismo) cena appena consumata. Un vivo rigraziamento a Giada, per aver dato quel tocco di avventura e vita vissuta al mio zaino, vomitandoci sopra. Onore invece a Mattia, l'unico in ottima salute a quanto pare.

Riusciamo soltanto a svegliarci all'alba per scattare un paio di foto al Pio XI, impressionante ghiacciaio in terra cilena. 

La crociera si chiude con il racconto da parte dell'equipaggio della disavventura occorsa a Sebastián Piñera, il neo presidente cileno, noto per essere considerato il Berlusconi dell'emisfero australe (se non ricordo male, i punti in comune sono: proprietario di una squadra di calcio, proprietario di televisioni, proprietario della compagnia aerea cilena, passione per i lifting). Pare che il poveretto volesse essere immortalato in una foto sotto braccio con un leone marino che, non volendo fare la parte della scimmietta, si ribella. Sembra anche che il povero leone sia stato attaccato da tutto e tutti e tacciato di essere un leone comunista. Dove l'ho sentita? Qui sopra l'immagine per i posteri.


Prossima tappa: Isla de Chiloé

giovedì 4 febbraio 2010

Sulle spalle dei giganti



Francisco P. Moreno, detto "Perito", è un personaggio fondamentale nella storia argentina. Studioso, esploratore e archeologo, venne nominato perito per le sue capacità e l'impegno dimostrato nello stabilire i confini andini tra Cile e Argentina a favore di quest'ultima. È presente nella vita quotidiana di questo paese nelle strade a lui dedicate dappertutto, un po' come le nostre vie Cavour o Garibaldi. Perito Moreno è anche il nome di una montagna, di un fiume, di un lago, persino di un piccolo paesino nelle steppe patagoniche. Indubbiamente, però, la sua fama turistica è legata all'omonimo ghiacciaio, 80 chilometri a ovest di El Calafate. Il Perito Moreno è la grande attrazione del sud, quella che attira gente, sempre e comunque.

L'agenzia a cui ci affidiamo definisce "alternativa" l'escursione. Forse solo nel nome. È però vero che le altre agenzie non passano attraverso la strada vecchia che giunge al ghiacciaio, dove è possibile vedere alcune delle estancias tanto famose in queste terre, con tanto di animali tipici a fare da sfondo. La foto che apre il post è un piccolo esempio della vastità dei possedimenti dei proprietari terrieri. Qui di seguito vediamo mamma Barison allattare un cucciolo di Guanaco. Dalla sua espressione si può solo dedurre cosa stia pensando. Credo qualcosa tipo "A questi gli dai il biberon e ti ciucciano tutto il braccio!"

Da qui ci immettiamo nella strada che ci porta alla penisola di Magellano, una serie di tornanti inizia a regalarci la vista del ghiacciaio un pezzo alla volta. All'ultima curva prima della grande apparizione, la nostra guida  cerca di creare un'atmosfera di attesa facendo partire un medley che parte con la nona sinfonia di Beethoven, per passare al conto alla rovescia della partenza dell'Apollo verso la luna, fino a concludere con la famosa sigla di Guerre Stellari alla vista del ghiacciaio.
Quando si scrive - una lettera, un articolo, un blog, anche un sms al cellulare - la linea che divide la banalità dall'originalità è sottile, è un cristallo che può rompersi in qualsiasi momento. Non si può descrivere un fenomeno naturale di tale portata in quattro parole. È semplicemente necessario - e qui si cade nel banale - essere presenti fisicamente sul posto, con tutti e cinque i sensi all'erta. Non si può descrivere la maestosità di qualcosa che è immensamente lì e se ne frega di due-trecento persone armate di macchina fotografica, in attesa di un sussulto. Il rombo spaventoso dei pezzi di ghiaccio che si staccano e cadono nel lago, il bianco allucinante delle pareti della bestia, i condor che la sorvolano... niente di tutto ciò potrà mai fuoriuscire dalle parole o dalle fotografie. L'emozione alla vista di qualcosa di  totalmente inaspettato è grande.

Qui sotto alcune delle foto scattate. Sono stato anche abbastanza fortunato da riprendere la rottura di qualche pezzo di ghiaccio.


Prossima tappa: Ushuaia e il mondo alla fine del mondo.


Visualizza Sudamerica per caso in una mappa di dimensioni maggiori

domenica 31 gennaio 2010

Un lago di cioccolata

 
San Carlos de Bariloche, 14 ore di pulman dopo. C'è di peggio, ci si abitua.
Non appena entrati in città, ci aspettiamo di vedere la mucca della milka spuntare dagli angoli delle strade. Bariloche somiglia a Saint Moritz, con tanto di cani san bernardo sfruttati per guadagnare qualche spicciolo con una foto ricordo. Sembra di essere in Svizzera ma con 35 gradi all'ombra. Le fabbriche di cioccolato sparse in giro sono rinomate in tutta la nazione. Non che tutto ciò sia necessariamente positivo. Qui la vita è addirittura più cara che a Buenos Aires. Gli edifici hanno un sapore falso, sembrano vecchissimi ma è anche probabile che siano stati costruiti l'altro ieri. Ci rifacciamo gli occhi con le meraviglie della natura di questa cittadina lacustre ai piedi delle Ande.

 
 
 
 
 
 

Infatti, abbiamo la fantastica idea di noleggiare delle biciclette per gironzolare intorno a tre dei laghi della zona: 37 chilometri tra salite, discese e strade sterrate. Quand'è stata l'ultima volta che abbiamo toccato una bici, esattamente?
L'escursione inizia con la beffa: un centinaio di metri più avanti scopriamo che c'è un altro negozio che noleggia bici a un prezzo un bel po' inferiore. Nuvola di Fantozzi dove sei?
Ci fermiamo anche in un villaggio di emigrati svizzeri, manco a farlo apposta. Sorvoliamo un ristorante che si chiama Heidi ed entriamo in una fabbrica di cioccolato a fare il pieno di zuccheri. Qui la simpatica cioccolataia ci spiega come avviene il fantastico processo della "cioccolatizzazione". Ci racconta anche la sua storia, quella (inimmaginabile direi) dei suoi avi che emigrano dall'Italia in cerca di fortuna. Sua nonna aprì uno dei primi tre negozi di cioccolato in città, dando il via alla fama di Bariloche città del cioccolato.
A metà percorso un bel bagno nel lago con le Ande innevate sullo sfondo ci ripaga dei meno 15 gradi dell'acqua in cui ci siamo tuffati.

Da Buenos Aires, non abbiamo fatto che rotolare verso sud, con qualche costante:
1. Le ore tra una città e l'altra aumentavano, in modo direttamente proporzionale alla qualità (pessima) degli autobus.
2. Le strade si restringono sempre più, fino a diventare sentieri sterrati di sabbia e pietra, che rende impossibile anche la sacrosanta siesta pomeridiana nell'autobus.
3. Finalmente un punto positivo: l'aria e l'acqua diventano sempre più pure, si può respirare a pieni polmoni senza inghiottire veleni e si può bere da qualunque ruscello incontriamo per strada.

La straordinaria pellicola di Sean Penn ha poco in comune con questa storia. Forse solo il titolo, Into the Wild, nelle terre selvagge. L'autobus che ci porterà a El Chalten, minuscolo paese nel sud della Patagonia, dovrebbe impiegarci 30 (TRENTA!) ore attraverso la famigerata Ruta 40, un suicidio turistico. Non si fa in tempo a far partire il cronometro che l'autobus si ferma dopo 100 metri per un guasto a uno pneumatico. Due ore in attesa del meccanico, che, poichè era l'ora di cena, ha pensato bene di terminare di mangiare prima di arrivare. Da lì in poi, chilometri e chilometri di steppa e deserto, e niente che l'occhio possa scorgere all'orizzonte. Nonostante ciò rischiamo anche di investire un branco di struzzi (o meglio, i loro parenti argentini) che stava attraversando la strada. È stato fantastico notare come i due autisti avessero un aspetto impeccabile all'inizio del viaggio: occhiali da sole, giacca aziendale camicia bianca cravatta rossa. All'arrivo erano sudati e in canottiera. Fantozzi dove sei?

Finalmente arriviamo a El Chalten: trenta case (prefabbricate) e un fiume. Somiglia di più a una baraccopoli, anche se dubito che i prezzi sarebbero comparabili. Tutto viene importato, dunque tutto costa caro qui. Fondato nel 1985, El Chalten è il paese argentino più giovane. Autodefinitasi Capital nacional del trekking, le sue montagne sono l'unico motivo per cui vale la pena fermarsi, buone per una sgambata per abituarsi in attesa delle cime più alte. 

Prossima tappa: El Calafate. Si entra nel vivo del Parque Nacional los Glaciares

domenica 24 gennaio 2010

Prime escursioni patagoniche




Puerto Madryn è una cittadina... brutta, ma proprio brutta. Immaginate Rimini ad agosto e moltiplicatela per cinque. Puerto Madryn è, però, il punto di partenza per le escursioni nella Penisola di Valdes, un percorso di 400 chilometri che farebbe venire le lacrime anche al più sfigato dei naturalisti. La flora qui presente è impressionante per numero e tipo di animali. Elefanti marini, leoni marini, pinguini, balene, orche e armadilli, senza contare quelle trenta quaranta specie di insetti rompi-cojones che solo qui proliferano. Purtroppo eravamo furi stagione per le balene, e le orche sono state avvistate il giorno prima e quello dopo la nostra escursione. No comment!

Dall'istmo che collega Puerto Madryn alla penisola si può vedere un isolotto di una strana forma. Si dice che Antoine Saint Exupery si sia ispirato a quest'isolotto per uno dei disegni che appaiono nel suo Piccolo principe, il serpente che mangia l'elefante.






Lascio spazio a un po' di foto, visto che dovrei avere una connessione migliore per caricarle.











Alla fine dell'escursione, la nostra guida, Hugo, ci invita a sorseggiare un pò di yerba mate, la bevanda che sta ai sudamericani come i cestini da pic-nic all'orso Yogi.


In Argentina si prepara così: si riempe di yerba (pronuncia scerba, o cerba, a seconda dell'accento) mate la tipica coppa per tre quarti, si agita il tutto cercando di lasciare l'erba da una parte e un buco dall'altra. Inserire la bombilla (pronuncia bombiscia), cioè la cannuccia, nel buco e versare dapprima acqua tiepida, poi acqua bollente a 85 gradi. Il vostro mate è pronto, ma attenzione alle superstizioni. Ce ne sono a migliaia, tutte diverse per regione, ma alcune sono, per così dire, universali. Mai spostare la cannuccia dopo averla inserita nella coppa; il primo a bere è sempre il sebador, cioè chi prepara il mate, dopodichè la coppa gira in senso antiorario; quando si passa la coppa al proprio vicino, la cannuccia deve essere rivolta verso la persona che riceverà il mate; si ringrazia solo quando non si vuole più bere, mai prima. Provate a dire gracias mentre vi stanno passando la coppa e vi ritroverete con aria fritta tra le mani.

Prossima tappa: San Carlos de Bariloche, ai piedi della cordigliera delle Ande, famosa per i percorsi naturalistici, i laghi e... il cioccolato.