Questo è il mio articolo sulla Repubblica come corrispondente improvvisato
Link articolo Repubblica.it
Tomoyuki mi sveglia nel cuore della notte. Dal suo inglese stentato riesco solo a capire che l'aeroporto di Santiago è stato chiuso e il suo volo annullato. Sono le 5 del mattino e mi chiedo cosa gli passi per la testa, svegliarmi per dirmi che è costretto a rimanere sull'isola. Poi sento le sirene, i cani che abbaiano, le galline nel giardino dell'ostello che sembrano avere la rabbia. Solo ora Tomoyuki si premura di dirmi che c'è un allarme tsunami sull'isola. Sono arrivato due giorni fa e mi becco un allarme tsunami?
Nella sala comune dell'ostello la tv è già accesa sul notiziario speciale. Arrivano prime notizie, dati, statistiche. Ma, com'è comprensibile, ognuno pensa a parenti e amici.
Ci dicono che esiste la possibilità che uno tsunami possa arrivare da queste parti verso le 9, ma qui siamo due ore indietro rispetto a Santiago e non ci spiegano su quale fuso orario dobbiamo regolarci. L'orologio sullo schermo tv è buono solo per aumentare il nervosismo. A quanto pare, soltanto la spiaggia di Anakena nella zona nord orientale dell'isola ha visto una leggera mareggiata. Gli abitanti della zona costiera sono stati trasportati per sicurezza verso l'interno dell'isola. Alcuni turisti fanno di tutto per rompere le scatole alle autorità e si dirigono verso la spiaggia perché "vogliono vedere l'arrivo delle onde". Certa gente ha ancora il cellophan intorno al cervello. Per fortuna le onde non arrivano, hanno già perso tutta la loro forza prima di riuscire a percorrere i 3700 chilometri che ci separano dalle coste cilene. L'isola non fa nemmeno in tempo a svegliarsi completamente che già tutto è tornato alla normalità.
Anche da questi imprevisti si imparano molte cose. Il proprietario dell'ostello non riesce a mettersi in contatto con i genitori nel Cile continentale, eppure sorride e si scusa per non averci ancora preparato la colazione. I turisti cileni e giapponesi sono i più tranquilli, gli unici qui ad avere una cultura anti-sismica, quella che gli viene insegnata a scuola. Qualche giorno fa ero a Valparaìso, ospite di Alejandro, ingegnere di professione. Mi raccontava di come le case cilene vengano costruite utilizzando la stessa quantità di cemento che in Europa si userebbe per un ponte. Ci sono cose che un viaggiatore non riesce a capire. Uno dei terremoti più forti degli ultimi trent'anni sta causando "solo" un centinaio di vittime. In Cile le infrastrutture sono davvero anti-sismiche, qui una Impregilo qualsiasi non potrebbe mai esistere. Imparo anche che i numeri sparati a caso dalle tv non aiutano né chi si trova sul luogo del disastro, né i familiari lontani, ma servono solo a suscitare la compassione di chi non è toccato e ad aumentare lo share.
Il sorriso degli isolani, la loro tranquillità e il ritmo della vita pasquense mi infondono fiducia e sicurezza. Sto ancora aspettando un messaggio dai miei compagni di viaggio lasciati sulla terraferma, più una risposta da almeno un'altra decina di persone conosciute su e giù per il Cile. Qui dicono che i Moai abbiano lo sguardo verso l'interno dell'isola per proteggerla con il Mana, la loro energia spirituale. Ma ci sono anche sette statue rivolte all'infuori, verso il mare. Se riesco ad avere buone notizie da tutti i miei amici mi sa che invento una nuova religione.